Il fordismo e la nascita della società dei consumi
La società consumistica che conosciamo oggi e con la quale buona parte del mondo condivide usi, costumi e pensiero comune compare per la prima volta negli Stati uniti agli inizi del XX secolo. Ciò fu dovuto al progressivo sviluppo di una classe media sempre più corposa grazie all’aumento dei redditi di ampie fasce di lavoratori e alla graduale diminuzione del prezzo dei generi di consumo. Un contributo importante fu senza dubbio dato dalla riorganizzazione del lavoro, grazie alle rivoluzionarie intuizioni di Frederick W. Taylor (1856-1915) e soprattutto di Henry Ford (1863-1947) il cui nuovo management nell’ambito automobilistico permise un incremento produttivo mai visto prima. Con la produzione del modello T, iniziata del 1910, Ford divenne ben presto rappresentante di un processo di estensione del welfare alle classi meno abbienti. Dal punto di vista produttivo, l ‘introduzione della catena di montaggio facilitò notevolmente il lavoro e permise a Ford di diminuire i costi di produzione, consentendo un ulteriore abbattimento dei costi del prodotto finito e un aumento del salario del lavoratore. Il successo del modello T fu enorme: alla fine degli anni venti, negli Stati Uniti, si arrivò alla produzione di circa 15 milioni di esemplari.

Dopo la fine della Seconda guerra mondiale, il modello fordista fu esportato in Europa e la produzione di automobili a basso costo conobbe un’ impennata senza precedenti. Sul modello T vennero creati modelli specifici, tra i quali la Zero, prodotta per la prima volta nel 1912 dalla FIAT di Giovanni Agnelli, fondata nel 1899.
La spinta verso il consumismo di massa non fu dovuto tuttavia solo al successo delle automobili. Il tangibile aumento della qualità della vita e l’introduzione di un sistema pubblicitario portarono un vero e proprio stravolgimento dell’intero sistema logistico. Vi fu in tal senso una rivoluzione nei processi di distribuzione dei beni, con il passaggio da una rete di scambio artigiano-contadino ai primi grandi magazzini, dove era possibile trovare in un unico luogo, una molteplicità di prodotti per la grande distribuzione. Ruolo fondamentale lo ebbe la pubblicità: i messaggi trasmessi dai mezzi di comunicazione ebbero un effetto rivoluzionario sulla cultura di massa, cambiando di fatto le abitudini delle masse popolari. Con l’aumento della scolarizzazione si diffusero rapidamente giornali e quotidiani con tirature sempre più elevate, riviste specializzate e in seguito la radio.
L’ estensione consumistica del tempo libero
Il benessere diffuso che si era venuto a creare con lo sviluppo economico portò ad una radicale trasformazione del concetto di tempo libero. I processi di industrializzazione e in seguito, la standardizzazione della giornata lavorativa a 40 ore settimanali portarono così a diverse ore sottratte al lavoro da dedicare ai propri svaghi. Perfettamente integrato nell’ottica di consumo, il tempo libero divenne così non solo un’ occasione per dedicarsi agli acquisti, ma anche per creare effettivamente nuove fruizioni consumistiche più o meno culturali. Lo svago permise infatti la diffusione di spettacoli, gite in bici o in auto ma consentì anche lo sviluppo di arti quali il cinema e lo sport, a loro volta in grado di generare ulteriori introiti “consumistici” di massa. Le attività sportive, soprattutto calcio, pugilato e ciclismo ebbero un notevole successo, suscitando sempre più interesse tra la nuova middle class. Nel 1871, in Gran Bretagna, fu istituita la Coppa di Lega di calcio, poco tempo dopo venne fondata la nazionale inglese, mentre nel 1902 si tenne la prima partita internazionale fra Austria ed Ungheria. Due anni dopo venne fondata la FIFA. Alla passione calcistica degli inglesi, Italia e Francia opposero quella del ciclismo, con la creazione del Giro d’Italia (1909) e Tour de France (1903).

L’ appropriazione consumistica del tempo libero consentì la creazione di nuovi spazi urbani di aggregazione: cinema, stadi, autodromi, velodromi, grandi magazzini. I modelli comportamentali prima appannaggio esclusivo delle élites nobili si estesero così anche alla nuove classi lavoratrici. Si diffuse rapidamente in tal senso, anche se in modalità più graduali tra un ceto e l’altro, il turismo di massa. La massificazione dei consumi comportò conseguentemente ad un innalzamento dell’ alfabetizzazione della popolazione, comprovato dall’aumento esponenziale del numero di lettere scritte e dal aumento massiccio della stampa giornalistica. Non ci volle quindi molto a capire il potenziale che questi organi potevano avere in senso propagandistico. Il giornale in particolare divenne un potente strumento per la diffusione di idee politiche, consentendo quindi una generale massificazione della politica stessa e una creazione di una nuova base elettorale. I nuovi partiti di massa spostarono così il proprio raggio d’azione nelle ore del tempo libero: manifestazioni, riunioni di partito, campagne elettorali vennero svolte nelle ore libere dei lavoratori, con la consapevolezza del peso che la massa lavoratrice poteva offrire.
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
DE BERNARDI, ALBERTO, Da mondiale a globale, Storia del XX secolo, Roma-Milano, Mondadori, 2008.

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