Affrontare la storiografia riguardante i vangeli canonici cristiani non risulta certo facile. Lo studio storico di questi dovrebbe infatti essere obiettivo, scevro da influenzamenti teologici e di fede, ma considerando il peso specifico che questi occupano nella dimensione devozionale è difficile mantenere una certa onestà intellettuale: per questi motivi, le diverse speculazioni a riguardo potrebbero risultare imparziali. Un altro aspetto che complica il lavoro dello studioso è quello relativo alle fonti: il gap temporale che vogliamo analizzare è piuttosto ampio, i riferimenti sono pochi e senza dubbio rimaneggiati, alcuni frammentati, altri perduti e gli stessi vangeli giunti fino a noi presentano quella faziosità fideistiche sopra menzionate. Per queste ed altre ragioni, la validità o meno della storicità dei tomi di Marco, Matteo, Luca e Giovanni è oscillata per lungo tempo da una totale acriticità fino ad una rivalutazione con l’avvento di situazioni epocali quali a desempio l’illuminismo e il marxismo. Con il razionalismo settecentesco è stata inoltre messa in discussione la stessa esistenza storica del Cristo.

Analisi letteraria dei vangeli. Innovazioni e sviluppi tardo-antichi
Da un punto di vista tecnico-letterario, i quattro vangeli canonici si presentano indubbiamente innovativi e decisamente singolari. Nelle opere letterarie successive è possibile individuarne sviluppi e influenze che questi hanno avuto sia nell’ambito cristiano che in quello pagano, mentre al contrario, data l’insufficienza di prove archeologiche, non è possibile delineare con precisione una specifica narrativa precedente. Le innovazioni letterarie portate dai vangeli sono principalmente due. In primo luogo, vi è la presenza di un nuovo soggetto: un contemporaneo agli autori, reietto della società e vittima del sistema giudiziario romano, un antieroe opposto al protagonista del romanzo ellenico. Dall’altra vi è la constatazione di una specifica funzione propedeutica riguardo i rituali all’interno delle prime comunità cristiane. Questi elementi sono visibili già nel vangelo di Marco: non vi sono infatti in esso riferimenti biografici particolareggiati e inoltre, il corso narrativo non segue un percorso cronologico lineare, ma piuttosto una serie di episodi di chiare intenzioni teologico-didattiche. Tale funzione didattica è del resto presente in tutti i vangeli canonici, facendo presupporre come gli autori abbiano voluto sistematizzare a partire dal I secolo, i differenti scritti liturgici (principalmente redatti in greco, aramaico ed ebraico) che si erano diffusi nelle comunità primitive.
La raccolta di tali dati avvenne all’incirca fra il 60 e il 100 d.C. portando alla creazione di numerose opere, tra le quali gli attuali vangeli ed altri scritti man mano esclusi perché non in linea con le correnti teologiche principali. E’ interessante sottolineare come tutta la letteratura cristiana antica da noi rinvenuta sia in lingua greca, a sottolineare la sempre più nutrita presenza di comunità elleniche che ben presto presero il sopravvento su quelle ebraiche. Durante il II secolo vennero prodotti altri vangeli integrativi ma non innovativi rispetto ai quattro principali e quindi in seguito esclusi dalla letteratura classica cristiana: sono giunti a noi frammenti di testi giudeocristiani, di scritti ellenisti come il Vangelo degli Egiziani e in lingua copta come il Vangelo di Tommaso. Nel medesimo secolo comparvero tuttavia ulteriori opere che si premisero di colmare lacune: ne sono un esempio i numerosi “vangeli dell’infanzia” e il Protovangelo di Giacomo.

Formazione e rapporti storiografici tra i sinottici
Da una prima analisi comparativa emerge una linea continuativa tra i vangeli di Matteo, Marco e Luca e che per questo vengono definiti sinottici. Il lavoro di Giovanni appare invece distinto sotto diversi aspetti: strutturali, narrativi e in generale, si presenta diversificato in numerosi altri dettagli. Lo studio complessivo di questi lavori ha generato nel tempo diverse ipotesi sulle origini e soprattutto su quale delle quattro opere fosse la più antica. Nel Settecento si riteneva che il più antico fosse quello di Matteo mentre nel XX secolo si è stabilito che il più arcaico fosse quello di Marco, con Matteo e Luca che lo avrebbero ripreso in seguito con l’integrazioni di ulteriori fonti, tra le quali la misteriosa fonte Q, una raccolta di frasi di Gesù. Quest’ultima ipotesi è tuttavia ancora al vaglio di studiosi e al centro di numerose e accese discussioni nel mondo accademico.
Il vangelo di Marco
Il vangelo di Marco, oltre ad essere probabilmente il più antico, è senza dubbio il più breve. Gesù viene presentato come un messia che gradualmente si manifesta a partire dal battesimo dove vede la discesa dello Spirito. Dopo l’episodio mistico del deserto, viene menzionata l’attività evangelica in Galilea e in diversi territori pagani dove il futuro apostolo Pietro ne riconosce la messianicità. In quest’occasione si giunge alla trasfigurazione con il proprio riconoscimento di “Figlio” e la benedizione a capi delle future comunità cristiane a Pietro, Giacomo e Giovanni. Dopo il rientro in Galilea attraverso Giudea e Transgiordania, Gesù diede il via al viaggio verso Gerusalemme, luogo in cui vedrà la Passione e che culminerà con la morte nel venerdì di Pasqua. Il vangelo si chiude con la scoperta della tomba vuota e l’invito a recarsi in Galilea per ricongiungersi con il Risorto. Riguardo la datazione, è più che verosimile collocare Marco poco prima del 70 mentre per la redazione, è probabile che il luogo scelto fosse Roma, poiché qui Marco avrebbe raccolto le informazioni attraverso le memorie di Pietro. Tuttavia, tra gli altri luoghi candidati risulta esserci anche l’area dell’Asia Minore.

Il vangelo di Luca
Dei vangeli canonici, Luca è quello più lungo e dettagliato, comprendendo al suo interno il Vangelo e gli Atti, ampliando lo spettro temporale dalla nascita di Gesù alla creazione della Chiesa vera e propria. A Luca va il merito di aver concepito Gerusalemme come sede della cristianità, destinata poi a propagarsi nell’impero romano fino alla capitale. Una visione che ha segnato in modo indelebile la storiografia interna alla Chiesa. Da un punto di vista tecnico, Luca è un ottimo scrittore/cronista in grado di adottare diversi stili linguistici e di formulare dialoghi convincenti per i diversi personaggi. Ne è evidente in questo senso la forte propulsione all’adozione di uno stile dialettico tipicamente greco. In Luca inoltre, risulta chiaro il suo intento storiografico con l’ammissione di un profondo studio sulle fonti e sulla ricerca. In questo senso egli si allontana dunque dallo stile manualistico per neofiti evidente in Marco. Rispetto a quest’ultimo, vi è inoltre una netta differenza sul piano teologico. Luca mette fin da subito in luce la consapevolezza messianica di Gesù, evidenziando fin dall’inizio l’azione divina dello Spirito con la quale la vergine Maria rimane incinta. Da un punto di vista schematico, il vangelo lucano prosegue sul solco tracciato da Marco, ma inserendo diverso materiale integrativo, elementi narrativi nonché numerosi discorsi e parabole di Gesù. Negli Atti, vengono da subito menzionati i primi movimenti della Chiesa, subito dopo la morte di Cristo. Narrativamente parlando, il protagonista principale di questi è Paolo, il cui compito affidatogli è quello di evangelizzare i popoli pagani. In questo senso Luca insiste molto sui militari elleni e sulle conversioni di alti ufficiali come nel caso di Cornelio. Significativa è inoltre la presenza di figure femminili a cominciare da quella di Maria e l’esaltazione dei poveri e dei derelitti, il cui destino salvifico è garantito dalla misericordia divina.
Luca attua invece una profonda rivisitazione di Marco, delineando la figura di Gesù e della Chiesa secondo gli stilemi paolini. L’autore effettua inoltre numerose modifiche al testo togliendo, ad esempio, elementi inappropriati o quantomeno incoerenti alla logica narrativa del corpo letterario che si presenta, generalmente, con un taglio propriamente greco ma adeguato al pubblico ebreo, all’epoca in maggioranza fra le comunità paleocristiane. Complessivamente il testo lucano si presenta comprensibile ai più, lineare e con una visione decisamente ottimistica.

Il vangelo di Matteo
L’opera di Matteo viene generalmente presentata come il parallelo di Luca. Analogamente a quest’ultimo, anch’essa è molto ricca di materiale e inizia con una narrazione dell’infanzia di Gesù, ponendo però l’accento sui personaggi maschi dell’intera vicenda. Ne è una dimostrazione il ruolo centrale di Giuseppe, il quale riceve l’annunciazione angelica e sceglie il nome del neonato. Nonostante il substrato teologico sia il medesimo, i racconti dei due autori sull’infanzia di Cristo sono molto differenti. In questo senso, Matteo si presenta più affine alla produzione marciana e in generale, più vicina al mondo giudaico, nonostante esso sia, fra i sinottici, il più agguerrito nei confronti delle autorità religiose giudaiche. Ciò fu dovuto a un preciso periodo storico di circolazione di questo vangelo, dove quest’ultime erano probabilmente già in rottura con le comunità cristiane primitive.

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
LUPIERI, EDMONDO, “Storiografia cristiana primitiva”, in G. Filoramo; D. Menozzi (a cura di), Storia del cristianesimo. L’antichità, Roma-Bari, Laterza, 2001, pp. 109-119.

Lascia un commento