Akhenaton e il culto del dio Sole

Fortemente criticato, ambiguo, per certi versi indecifrabile, oscuro, anacronistico, rivoluzionario, innovatore lungimirante. Diversi sono i termini in antitesi che possono descrivere la figura di Akhenaton (1353-1336 a.C.), enigmatico sovrano della XVIII dinastia succeduto al padre Amenhotep III, leggendario faraone che ha guidato l’antico Egitto in un periodo di forti cambiamenti sociali, culturali e di grande espansione territoriale. Per celebrare la sua grandezza, Amenhotep III non esitò ad incentivare la costruzione di grandi opere edilizie e soprattutto ad esaltare il proprio lato mistico associando in maniera sempre più marcata la sua figura con quella del principale dio solare di Tebe, Amon-Ra, re degli dei e signore di Ipetsut. Il sovrano, in particolare, sfruttò la canonica festa Sed per esaltare pubblicamente la propria condizione divina sublimando la propria figura a disco solare e facendosi così garante assoluto e protettore dell’equilibrio cosmico. Il figlio Amenhotep IV, colui che in seguito si autonominerà Akhenaton, perseguì almeno per i primi anni di regno lo stesso percorso, seguendo le orme del padre e non ostacolando gli obblighi della sacralità dinastica: non mancò, tra le altre cose, di onorare la memoria paterna ordinando ristrutturazioni e abbellimenti soprattutto a Karnak, presso il tempio di Amon-Ra. Nell’arco di pochi anni tuttavia, le cose cambiarono radicalmente: Akhenaton decise di stravolgere la millenaria struttura egizia, incentivando una rivoluzione religiosa di matrice fondamentalista che andrà poi a cascata ad influenzare l’intera società. Le innovazioni devozionali al disco solare introdotte da Amenhotep III vennero estremizzate: il neo regnante decise in particolare di attuare una riforma enoteistica, innalzando il culto di Aton, dio solare minore, a divinità principale dell’interno pantheon egizio e del dio Amon-Ra stesso. Questa misura proto-monoteista fu di per sé dissacrante: rinnegare un’intera schiera di divinità arcaiche che avevano caratterizzato più di mille anni di storia egizia non poteva che aizzare la potente élite sacerdotale tebana. Razionalmente parlando fu forse proprio questo il motivo che portò una graduale e progressiva associazione dio-faraone: un modo per evidenziare totalmente la propria legittimità al trono e limitare l’influenza della casta.

L’adozione di Aton quale dio unico e predominante necessitava tuttavia di un potente corollario ideologico che ne potesse sorreggere i dogmi. In primo luogo, il giovane sovrano decise di rendere pubblica la propria rinascita spirituale: in primo luogo, abbandonò il proprio nome dinastico di Amenhotep IV “Amon è soddisfatto” per annunciarsi come Akhenaton “effettivo spirito di Aton”, preannunciando così una sua completa identificazione con il dio della Creazione e inaugurando allo stesso tempo un nuovo tipo di reggenza ambivalente. Da un punto filosofico e teologico, la svolta fondamentalista voluta da Akhenaton ebbe delle ripercussioni molto significative: il faraone da semplice protettore dell’ordine costituito Maat trascese a pura divinità, vivendo egli stesso di Maat e divenendo in toto creatore dell’universo. La progressiva metamorfosi di Akhenaton a pantocratore veniva in questo senso simboleggiata attraverso rituali di ringiovanimento perenne del sovrano e conseguentemente del cosmo. Da un punto di vista estetico, l’innovativa configurazione del potere reale visto ora come una totalità tra potere mondano e intramondano si tramutò in una concezione androgina del sovrano. Nelle sue raffigurazioni infatti, esso viene rappresentato con uno stile artistico ben differente dal passato: le linee sinuose, i fianchi femminei, i volti allungati ne esaltano i tratti trascendenti la condizione umana. Questo imponente distacco dalla tradizione si cementò ulteriormente con l’ideazione e la creazione di un nuovo centro amministrativo fuori dalla città santa di Amon-Ra: Akhetaton “Orizzonte di Aton”, situata nell’attuale Amarna. Se Akhenaton necessitava un nuovo spazio rituale per l’adorazione del disco solare, lo stesso Aton necessitava di un nuovo tempio dove poter esercitare il suo dominio terreno. Innovativa fu anche la concezione della figura della sposa Nefertiti e più in generale della famiglia reale, innalzata ora, come mai in passato, a icona devozionale e preferenziale con la quale entrare in contatto mistico con Aton. Significativa in particolare è la figura della regina, soggetta ad una profonda rivitalizzazione dal punto di vista religioso e politico, così come documentato nei rilievi presenti nel tempio a lei dedicata ad Ipetsut. Tuttavia, è importante sottolineare la perfetta complementarità ideologica tra i due sposi: tra le scoperte archeologiche di Ipetsut non mancano infatti colossali statue raffiguranti i due regnanti mano nella mano, quasi come a identificarli come un’unica persona. La figura imponente di Nefertiti e la potente influenza esercitata sul marito ebbe un ruolo di risalto anche in seguito alla morte della secondogenita Meketaton e della suocera Tiye, eventi che segnarono irreversibilmente il regno di Aton: è certificato che verso la fine del regno il nome di Nefertiti scomparve lasciando il posto ad un coreggente di nome Neferneferuaton, primo titolo reale assegnato alla regina. Ciò fa presupporre che lo sposa del sovrano eretico abbia governato come faraone-donna: ultimi vagiti di un proto-monoteismo che si concluse tragicamente con una vera e propria damnatio memorie ai danni della famiglia di Amarna.

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

WILKINSON, TOBY, L’antico Egitto. Storia di un impero millenario, Torino, Einaudi, 2012, pp. 277-299.

Foto di Roberto Shumski

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